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PELLEGRINI

La liturgia della Pasqua è colma di riferimenti a luoghi, personaggi e sensazioni che portano il cuore, la mente e lo spirito di ogni cristiano nella Terra Santa, nel cuore del Mistero di Dio che, in Gesù, si fa uomo per noi, porta la croce, muore e vince con il dono di sé il potere delle tenebre risorgendo il terzo giorno. Ogni Settimana Santa anche noi ci facciamo idealmente pellegrini a Gerusalemme. Gerusalemme e la Terra Santa stanno vivendo un momento di grave difficoltà: il Covid-19, anche da quelle parti, sta affliggendo fasce sempre più ampie della popolazione, con gravi ripercussioni sui sistemi sanitari, economici e anche sulla società e sulla vita della Chiesa. Scrivono i frati francescani della Custodia:


Le strade deserte intorno al Santo Sepolcro e nella Gerusalemme Vecchia hanno fatto eco alla Piazza San Pietro deserta e bagnata dalla pioggia, attraversata dal Santo Padre Francesco il 27 marzo 2020, in cammino verso il Crocefisso: dinanzi ad esso il mondo intero si è come messo in ginocchio, supplicando la fine della pandemia, e facendo sentire tutti accomunati dallo stesso mistero di dolore.

Nel 2020 i cristiani di quelle terre hanno sofferto un isolamento che li ha fatti sentire ancora più lontani, tagliati fuori dal contatto vitale con i fratelli pellegrini provenienti dai vari Paesi del mondo. Hanno patito la perdita del lavoro, dovuta all’assenza di pellegrini, e la conseguente difficoltà a vivere dignitosamente e a provvedere alle proprie famiglie e ai propri figli. In molti Paesi il persistere della guerra e delle sanzioni hanno aggravato gli effetti stessi della pandemia. Vivere oggi la fede cristiana in Medio Oriente, lo sappiamo, non è affatto facile. Non lo è specialmente in Iraq, vistato poche settimane fa da Papa Francesco in uno storico ed evocativo viaggio; non lo è in Siria tra le macerie di 10 interminabili anni di guerra; non lo è in Egitto, dove le comunità cristiane hanno fatto esperienza dell’ecumenismo del sangue e dove i singoli fedeli devono lottare ogni giorno contro la tentazione di abbandonare la propria terra o addirittura la propria fede. Non lo è nemmeno negli altri Paesi della Regione, dove spesso i cristiani si trovano sottoposti a forme di oppressione e di discriminazione che minano giorno dopo giorno le loro condizioni di vita. Certo, siamo preoccupati della situazione fortemente precaria che viviamo nelle nostre famiglie, alle prese con un’emergenza che non cessa e con un disagio sociale, economico ed esistenziale tra i più prorompenti di sempre. Ma il cammino verso la Pasqua chiede anche un “cuore grande”, come quello di Gesù, in cui c’è spazio davvero per tutti, anche per chi, faticosamente e con perseveranza, custodisce i luoghi, i suoni, le testimonianze e le suggestioni del grembo della nostra fede.






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