Siamo nel bel mezzo delle Olimpiadi che ogni quattro anni catalizzano l’attenzione dell’intero globo rendendoci partecipi delle imprese sportive di tantissimi atleti. Un paradigma della vita ma anche del senso della comunità: ogni atleta sta portando a Parigi anni di sacrificio, di dedizione, di passione e di sogni e con lui c’è un’intera nazione che si sente rappresentata e coinvolta. Non si può rimanere indifferente scrutando lo sguardo di gioia e di delusione di ogni atleta o di intere squadre alla fine di ogni competizione: sudore, lacrime, incredulità, delusione, gioia e molto di più ci rendono partecipi del loro stato d’animo e ci fanno intuire il valore che assume per ognuno di loro correre in quella pista, volteggiare in quella palestra, essere immerso in quell’acqua o gareggiare in quel prato.
Ma c’è una dimensione che va molto oltre la competizione sportiva in sé ed è rappresentata dalla possibilità che i giochi olimpici tramandano fin dall’antica Grecia. Mi riferisco allo spirito di fraternità che proprio grandi raduni internazionali come questi custodiscono in sè.
Lo ha espresso con particolare incisività Papa Francesco nel suo messaggio in occasione delle Olimpiadi di Parigi:
Lo sport è un linguaggio universale che trascende le frontiere, le lingue, le razze, le nazionalità e le religioni; ha la capacità di unire le persone, di favorire il dialogo e l’accoglienza reciproca; stimola il superamento di sé, forma allo spirito di sacrificio, favorisce la lealtà nei rapporti interpersonali; invita a riconoscere i propri limiti e il valore degli altri. I Giochi Olimpici, se rimangono davvero “giochi”, possono dunque essere un luogo eccezionale di incontro tra i popoli, persino i più ostili. I cinque anelli intrecciati rappresentano questo spirito di fratellanza che deve caratterizzare l’evento olimpico e la competizione sportiva in generale. Auspico dunque che le Olimpiadi di Parigi siano per tutti coloro che verranno da tutti i Paesi del mondo un’occasione da non perdere per scoprirsi e apprezzarsi, per abbattere i pregiudizi, per far nascere la stima là dove ci sono il disprezzo e la diffidenza, l’amicizia là dove c’è l’odio. I Giochi Olimpici sono, per natura, portatori di pace e non di guerra.
L’impressione che sto maturando in queste prime fasi dei giochi è che questo spirito “olimpico” stia passando in secondo piano, presi dalle performance tecniche, dall’ossessione del medagliere e, ahimè, da un’impronta poco condivisibile data dal comitato organizzatore francese e stigmatizzata da un’assurda quanto improbabile cerimonia d’apertura.
Continua il Papa:
È in questo spirito che l’Antichità aveva, con saggezza, instaurato una tregua durante i Giochi e che l’epoca moderna cerca regolarmente di riprendere questa felice tradizione. In questo periodo turbolento, in cui la pace mondiale è seriamente minacciata, è mio fervente auspicio che ognuno abbia a cuore di rispettare questa tregua nella speranza di una risoluzione dei conflitti e del ritorno alla concordia.
Allora, viva lo sport, quello che è capace di unire e di progettare la pace!
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