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COL CUORE ABITATE IN CIELO

Quest’anno la festa di san Giovanni Bosco, patrono dei giovani ed iniziatore della moderna esperienza educativa dell’oratorio, coincide con la domenica, ma ciò non toglie la possibilità di soffermarsi, almeno per un po', sulla ricca ed attualissima testimonianza di fede e di umanità del sacerdote torinese morto nel 1888, fondatore, tra le altre cose, dei Salesiani. Ogni volta che mi accosto alla figura di don Bosco si alternano in me un forte senso di gratitudine e di sincera ammirazione e, allo stesso tempo, la percezione di una responsabilità, soprattutto nell’educazione alla fede delle giovani generazioni, forse parcheggiata, disincantata o comunque non espressa come dovrebbe. Ancor di più in questi lunghi mesi di emergenza sanitaria e la necessaria sospensione di quelle iniziative, attività ed incontri che, faticosamente, anche nella nostra comunità parrocchiale, negli anni abbiamo cercato di proporre ai giovani e ai ragazzi. Certo, non si sta con le mani in mano nel momento in cui, ad esempio, non si può giocare insieme, non si possono creare occasioni di aggregazione spontanea, non si può abitare l’oratorio con schiamazzi, corse e gioiosa combriccola e altresì risulta frammentata la possibilità di incontri formativi soprattutto con adolescenti e giovani, sempre più fagocitati dalla Didattica a distanza. Ci si è inventati, con pochi superstiti, una mini settimana di attività in oratorio a Settembre, qualche incontro on line e alcune iniziative digitali per tenere uniti i ragazzi. La percezione è che qualcosa, però, si è rotto: a livello di motivazione, di relazioni e sono emerse paure e diffidenze finora sconosciute. Nei ragazzi si oscilla tra il desiderio di ritornare alla normalità (ma non è ancora il caso nemmeno di ipotizzarlo) e aver scoperto che tutto sommato anche chiusi in casa… si sta bene: l’importante è essere connessi e che la connessione funzioni!

Queste riflessioni riguardano l’oratorio, la catechesi ma anche tutto quello scenario di vita comunitaria che una parrocchia, e ne siamo stati testimoni ed artefici, è capace di suscitare e di promuovere in un quartiere.

Tornando a don Bosco: possiamo impegnarci nel chiedere al Santo. che ha fatto dell’incontro con i ragazzi e i giovani, soprattutto quelli ai margini, lo scopo della sua vita, cosa si sarebbe inventato nelle condizioni attuali e quali attenzioni, sensibilità e collaborazioni potrebbe suggerirci per cominciare a ripensare l’oratorio non “vuoto” e nemmeno “scontato e ripetitivo” ma nuovamente brioso e ispirato, accogliente e fresco, creativo e, sopratutto, educativo, in tutti i sensi.






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