Quest’anno, in qualità di direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano, ho partecipato agli incontri dell’Arcivescovo con i catechisti in tutte le foranie della nostra diocesi. Non c’è stato appuntamento in cui non sia stato ribadito che il mondo è veramente cambiato e che anche per ciò che riguarda la trasmissione della fede nulla è come prima. Lo riscontriamo nel contatto con le nuove generazioni oppure, solo per fare un semplice esempio, leggendo i numeri relativi alla celebrazione del matrimonio religioso. Se vari decenni fa il contesto culturale e sociale era pressoché omogeneo, oggi, soprattutto per ciò che riguarda la fede, tutto è molto frammentato, discontinuo, approssimativo. Anche se poi permangono alcune situazioni in cui l’aspetto della tradizione prende il sopravvento: “facciamo battezzare nostro figlio perché è giusto e perché anche con noi i nostri genitori hanno fatto così” oppure “mando mio figlio al catechismo perché così sta insieme agli altri…” e via dicendo! Tradizione intesa come “si è fatto sempre così” oppure “non si può fare diversamente”. Tradizione fine a sé stessa, perché il bambino che ha ricevuto il Battesimo per tanti anni rimarrà a digiuno dei segni della fede oppure perché il catechismo sarà una delle tante attività del ragazzo lungo la settimana senza la necessaria ed indispensabile compagnia dei genitori nel cammino di fede. Mi è venuto in mente di scrivere queste righe perché, per vari motivi, la parola “tradizione” è emersa dialogando con qualcuno nel corso delle benedizioni delle case. Tradizione, nel senso teologico ed ecclesiale del termine, non ha che fare con la ripetizione di qualcosa, sia esso rito, usanza o preghiera; è un concetto ed un’esperienza dinamica che mette in gioco la scelta di fede nell’oggi in cui ognuno e la comunità si trovano. Tradizione significa far confluire il mio oggi nel cammino della storia della salvezza custodito dalla comunità cristiana.
Non è una collezione di cose, di parole, come una scatola di cose morte; la Tradizione è il fiume della vita nuova che viene dalle origini, da Cristo fino a noi, e ci coinvolge nella storia di Dio con l’umanità. Papa Benedetto XVI
Tante situazioni che hanno a che fare con la nostra vita di fede e con l’esperienza comunitaria, chiedono, oggi più che mai, di essere accolte, vissute e condivise non “perché si è fatto sempre così” ma perché in esse è ancora possibile trovare il dono e il sostegno del Signore e perché il nostro oggi, faticoso e complesso, può essere illuminato e salvato. Insomma, se c’è il pieno coinvolgimento di tutto noi stessi. È in tal senso che, ad esempio, la tradizionale processione mariana del 31 maggio, non rappresenta una data da rispettare o un appuntamento che si deve assolutamente onorare, ma diventa “evento” di Grazia e appuntamento di fede nella misura in cui ciascuno e insieme, passo dopo passo, in quel tragitto tra le strade del quartiere, portiamo a Maria gioie, speranze, preoccupazioni, tristezze, paure e preghiere di tutti; anche quelle di coloro che distrattamente, con commenti di disprezzo, infastiditi dal passaggio del simulacro di Maria, giudicheranno il tutto… ”roba d’altri tempi!”. Ma noi sappiamo benissimo che non è così!
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