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UN VEGLIARDO

In molti ricorderanno il 5 luglio 1982: si giocava il Mondiale di calcio in Spagna e quel giorno l’Italia, inaspettatamente, superò il Brasile per 3 a 2 in una memorabile partita da brividi. Quel giorno mi trovavo in Seminario per la settimana estiva del “Preseminario”. Da lì a pochi mesi sarei entrato in quello stabile e avrei così iniziato il tempo della mia formazione fino all’ordinazione sacerdotale nel 1996. Ero un ragazzino di 11 anni e incontrai come Rettore mons. Dante Usai, per i miei primi 3 anni di Seminario. Custodisco un ricordo molto sereno e grato di don Usai: negli anni di studio, facilmente si rendeva disponibile per aiutarci nelle traduzioni delle versioni di Latino, fino a quando, al mio ingresso in questa parrocchia, l’ho ritrovato come ospite e collaboratore, a partire dagli anni di permanenza di don Alfredo in questa comunità. Nel 2013 le sue condizioni di salute si sono aggravate e nonostante mantenesse l’impegno nel Tribunale Ecclesiastico e anche in parrocchia fosse disponibile per le confessioni, è stato necessario destinarlo ad una struttura più idonea e da lì fino al 6 gennaio 2025, giorno del suo ritorno nella Casa del Padre. Con una tempra forte e, fino a poco tempo fa, una lucidità e consapevolezza davvero straordinarie per un ultra novantenne.


In ogni età bisogna saper scoprire la presenza e la benedizione del Signore e le ricchezze che essa contiene. Non bisogna mai farsi imprigionare dalla tristezza! Abbiamo ricevuto il dono di una vita lunga. Vivere è bello anche alla nostra età, nonostante qualche acciacco e qualche limitazione. Nel nostro volto ci sia sempre la gioia di sentirci amati da Dio, e non la tristezza.

Le parole di papa Benedetto pronunciate in una casa di riposo per anziani nel 2012 sottolineano l’importanza di vivere nella fede anche le fasi della debolezza e della fatica legate all’età che avanza. Gli anziani sono un valore per la società, soprattutto per i giovani. Non ci può essere vera crescita umana ed educazione senza un contatto fecondo con gli anziani, perché la loro stessa esistenza è come un libro aperto nel quale le giovani generazioni possono trovare preziose indicazioni per il cammino della vita. Solo da poco ho scoperto la dote poetica di don Usai, affidata ad un piccolo ma intenso libretto che ne raccoglie i versi scritti nelle varie fasi della sua vita sacerdotale. Riporto una poesia datata 1945, quando diciottenne studente di liceo già a Cuglieri, cinque anni prima della sua ordinazione, affidava alla penna le sue “confidenze”:


Io vi saluto, salve, o rocce antiche che, tal sicure, v’innalzate rare e belle; salve, tutte voi a me care ombre silvestri e voi mie fonti amiche. Non ricordate quel fanciullo antico, che, vispo e lesto, sempre a voi d’intorno si trastullava? Io sono: ancor ritorno quivi di nuovo giovin, vecchio amico. Con voi le lotte a confidar io sono, la vil miseria, i dolori, ogni palma, dolce ristoro ed il contento all’alma mia tormentata, a ritrovarne il dono.

 

Buon viaggio, don Usai!






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