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PER UNO SGUARDO SINCERO /3

Ho rilanciato, sia attraverso queste righe che negli incontri di programmazione del nuovo anno pastorale, le due provocazioni che stanno guidando le riflessioni di queste settimane: perché sono ancora cristiano e perché sono ancora nella chiesa. In diversi hanno voluto sottolineare la forza di quell’avverbio “ancora”, raccontando certamente di esperienze umane ed ecclesiali problematiche e dissonanti rispetto al Vangelo; ma è comunque emerso che essere cristiano si rinnova giorno per giorno proprio a partire da un’appartenenza avvertita come decisiva quale quella alla comunità ecclesiale. Mi veniva però un’altra riflessione, certamente un pò audace ma in linea con alcune prese di consapevolezza dello stato della vita cristiana oggi. La riassumo, anche questa, con una domanda: sono ancora cristiano? Direi che, proprio perché formulata come provocazione, è una domanda che ci permette di addentrarci ancora di più al cuore della fede e nelle dinamiche costitutive della comunità cristiana. Di fatto, cioè, nelle scelte che metto in essere e nell’orientamento che sto dando alla mia vita la fede in Cristo è significativa e significata, interiormente radicata e poi espressa nella vita concreta? Una riflessione che nasce da quelle quotidiane esperienze, anche personali, con cui siamo chiamati a rendere ragione, nella prova dei fatti, della nostra concreta e sincera amicizia con Cristo. Non è certamente mia intenzione esaminare l’intima storia di fede di ognuno e quel ininterrotto combattimento in cui la nostra adesione a Cristo si deve fare strada tra tante tentazioni, suggestioni, resistenze, contraddizioni e fatiche. Certamente è una domanda che esplode nelle concrete ed impegnative scelte della vita: cosa devo dire, devo fare, come affrontare questa situazione per essere realmente in linea con il cuore e l’insegnamento del Signore? Con questa scelta, in questa reale situazione di vita, sto tradendo l’amicizia con Cristo? Ma è anche una domanda che, soprattutto in alcuni frangenti di vita parrocchiale, esplode senza poterla contenere: ad esempio quando, soprattutto nelle Messe dei defunti, a fronte di una chiesa piena sono pochissimi quelli che si avvicinano alla comunione. Con molta misericordia e cercando le parole giuste cerco di farlo presente dicendo che, soprattutto in alcuni passaggi della vita cristiana, il dono dell’Eucarestia è ciò che più di ogni altra esperienza ci unisce veramente al Signore che si fa per noi sostegno e salvezza; dico serenamente che il nostro essere cristiani di fatto passa attraverso il sacramento della Confessione e la partecipazione all’Eucarestia, fonte e culmine della vita cristiana. Altro momento in cui, in un modo o nell’altro, si fa largo la reale consapevolezza o meno della fede è durante la preparazione al sacramento del Battesimo dei piccoli: la domanda “perché fate battezzare così piccolo vostro figlio” non trova risposta esaustiva nella tradizione (nella mia famiglia si fa così) o nell’aspetto della festa. Richiede, da parte di genitori e padrini la sincerità nel riscontrare nella propria vita la verità e la bellezza di un rapporto con Cristo da far conoscere ed incontrare, fin dai primi vagiti, anche ai più piccoli. Anche queste sono per me e per la comunità, occasioni importanti per ritornare continuamente al cuore di tutto!







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