Desidero dedicare alcune riflessioni, da qui ai prossimi numeri de “La comunità”, che ci aiutino a condividere uno sguardo obiettivo e sincero sulla vita della nostra parrocchia. Con alcune precisazioni previe: parto da un’analisi che risente della mia personale e quindi parziale e non obiettiva, visione della situazione ma in ogni caso segnata dalla responsabilità pastorale che da ormai 13 anni (!) mi lega a questa comunità. Per questo motivo lo sguardo sulla realtà si fa assunzione di responsabilità: le criticità e le lentezze riscontrate chiedono a me per primo un atteggiamento di verifica e messa in discussione ma anche, in alcuni casi, di richiesta di perdono. Chiaramente corro il rischio di evidenziare maggiormente gli aspetti carenti e negativi, quelli che determinano immobilismo e vuoto di partecipazione, ben consapevole che “non è mai troppo tardi” per iniziare nuovi cammini e fortificare esperienze già avviate. Con un unico punto di partenza che si fa obiettivo: rispondere alla chiamata del Signore e fare la nostra parte per annunciare il Vangelo ed esserne sinceri testimoni nel nostro concreto quartiere. Come affermò Paolo VI la “chiesa esiste per evangelizzare”, per portare a tutti e sempre il prezioso dono del Vangelo che genera e rigenera continuamente la fede. Tutto del nostro stare insieme in parrocchia, del nostro pregare, della carità che mettiamo in circolazione, delle esperienze di aggregazione e di catechesi, dei sacramenti che mettono in Dio la nostra vita, tutto nasce dal Vangelo e tutto ha come unico obiettivo rendere partecipi gli uomini e le donne del nostro tempo della gioia dell’incontro di salvezza con Gesù che cambia e salva la vita.
Sicuramente un aspetto che a mio parere risulta evidente, forse per un aspetto culturale/cittadino ma anche per la concreta realtà sociale del nostro quartiere, è la fatica a trovare un immediato e diffuso consenso rispetto alle iniziative, alle proposte e alla preoccupazione pastorale della parrocchia. Si deve insistere non poco per far appassionare ad un progetto o anche solo per coinvolgere in qualche iniziativa: non si avverte l’importanza, la significatività e il riscontro per la vita e per la comunità di alcune proposte che nel tempo sono state fatte e portate avanti. Una costatazione che apre a qualche interrogativo: nel mio cammino di fede fatto di preghiera, di liturgia e di testimonianza personale, quanto è importante il riferimento alla parrocchia? Avverto un senso di appartenenza alla parrocchia e quindi mi interesso e mi faccio partecipe a progetti, iniziative ed intuizioni che costituiscono il vissuto quotidiano?
Questa criticità ne richiama immediatamente un’altra cui faccio solo un breve accenno per riprenderla successivamente: soprattutto dopo la pandemia, si riscontra una diffusa resistenza al coinvolgimento. Tante volte mi succede di chiedere a persone che con assiduità partecipano alla vita liturgica della parrocchia, la loro disponibilità per qualche servizio e ad un impegno per qualche progetto particolare nella catechesi, nella carità, nella liturgia o anche nella gestione delle nostre strutture. Son consapevole della complessità della vita odierna, dei suoi ritmi e degli impegni lavorativi e di famiglia che riducono notevolmente gli spazi per altro, ma mi fa pensare non tanto il rifiuto motivato di fronte a qualche proposta ma la chiusura totale ad un eventuale impegno e servizio per gli altri, se non occasionale a non troppo coinvolgente. Apro così il confronto su questi temi!
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