Interroga tutti quanti, nessuno escluso, il pauroso dilagare, in questi ultimi anni, di episodi di violenza sulle donne fino all’ultima e inquietante notizia dei sette ragazzi di Palermo che si sono accaniti (e l’aggettivo non è casuale!) su una ragazza. Chi lavora nel settore dei Centri antiviolenza dedicati a donne e ragazze che fisicamente e psicologicamente sperimentano aggressione e soprusi di vario genere da compagni, branco e talvolta all’interno delle stesse mura domestiche, figli compresi, osservano che ormai “è una galleria di orrori. Queste ragazze, che sono sempre più giovani, si trovano ad affrontare un trauma che non sono in grado nemmeno di comprendere ancora vista la loro età e la loro esperienza di vita. Le cresciamo in un mondo in cui diciamo loro che sono libere. Libere di muoversi nelle loro città, libere di parlare da pari con i ragazzi, di dire un “sì” che sia “sì” e un “no” che sia “no”. La violenza, oltre che a devastarle fisicamente, fa crollare davanti a loro ogni certezza, lasciandole segnate per sempre». Non è mio compito indugiare su riflessioni che entrino nel dettaglio degli episodi e delle dinamiche che li smuovono, quanto raccogliere, di nuovo e con maggiore urgenza, la chiamata a fare la nostra parte nell’educazione dei ragazzi e dei giovani a sincere, vere ed autentiche scelte di vita che abbiano l’amore e il rispetto della dignità di chiunque come capisaldi.È innegabile che oggi ragazzi, e anche adulti, ricevono un forsennato bombardamento ad una gestione di sé, della propria carica affettiva e soprattutto del corpo, pressoché solo in termini di piacere, compensazione, soddisfazione oppure, peggio ancora, come dominio e tracotante possesso. Eppure ci viene chiesto il coraggio di ripartire da zero nel linguaggio e nelle esperienze educative che accendano nel cuore e nella mente la consapevolezza di sé, uomo e donna, creato per amore e capace di amare e accogliere amore.
Proprio a Palermo, trent’anni fa, la Mafia uccideva nel quartiere di Brancaccio, don Pino Puglisi (nella foto) che da sacerdote, insegnante di religione a scuola ed educatore molto si è speso per far cogliere a bambini e ragazzi il volto bello dell’amore.
Nella Lettera scritta da Papa Francesco per celebrare l’anniversario della morte di Padre Pino si legge:
I suoi ragazzi, che conosceva uno ad uno, sono la testimonianza di un uomo di Dio che ha prediletto i piccoli e gli indifesi, li ha educati alla libertà, ad amare la vita e a rispettarla. Sovente ha gridato con semplicità evangelica il senso del suo instancabile impegno in difesa della famiglia, dei tanti bambini destinati troppo presto a divenire adulti e condannati alla sofferenza, nonché l’urgenza di comunicare loro i valori di una esistenza più dignitosa, strappandola così alla schiavitù del male. Questo sacerdote non si è fermato, ha dato sé stesso per amore abbracciando la Croce sino all’effusione del sangue.”
Una chiamata attuale che chiede anche alla nostra comunità di dare, senza giustificazioni, la sua risposta.
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