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FINALMENTE!

Dopo due anni di forzata sospensione, la Pasqua mi ha catapultato nell’attesa benedizione delle case, là dove quotidianamente, tra gioie e fatiche, si vive buona parte del nostro tempo e sono custodite le relazioni più significative dell’esistenza. Ad accogliermi, il più delle volte, quel “finalmente!” che racconta della gioia che accompagna i segni della fede con cui il Signore stesso passa, visita e benedice; un’esclamazione evocatrice anche della consapevolezza, nonostante tutto, di avercela fatta. Una preziosa opportunità per me come parroco per poter essere accolto nello spazio intimo e sacro delle mura domestiche e poter, anche se per pochissimo tempo, condividere segreti, profumi, lacrime e gioie di quella casa, affidando al Signore, nella preghiera, ognuno dei volti e ognuna delle storie di chi si sente a casa tra quelle pareti. Negli intensi e caldi pomeriggi dedicati alle benedizioni pasquali, sto toccando con mano la diffusa e impellente necessità, espressa da tanti, di essere ascoltati, compresi ed incoraggiati: solitudini, incomprensioni, malattie, preoccupazioni e problemi improvvisi che nella maggior parte dei casi decretano irrimediabilmente la nostra umana impotenza. Ogni porta che si chiude alle spalle ha lasciato nel cuore la gioia di un incontro e la conferma di una relazione accesa e da consolidare, ma anche la faticosa responsabilità di portare dentro sé, e poi portare davanti al Signore, l’accorata raccomandazione per la salute, la tristezza per mancanza di lavoro, l’assurda amarezza per le incomprensioni e la faticosa lotta contro la disperazione, ormai di casa, per un motivo o per un altro, in tante delle nostre famiglie. Eppure, ciò che mi sento di riconoscere, é che esiste tanta voglia di speranza! C’é, anche nel nostro quartiere, un “potenziale vivo” di umanità, di fede e di dedizione, di impegno e di creatività che oggi più che mai attende solo di uscire dalle case, dalle paure del cuore, dalle dighe dei timori e delle giustificazioni, per essere fiume di novità, di relazioni positive e costruttive per i ragazzi, i giovani, le famiglie e gli anziani del quartiere.

Per la fine del mese di maggio siamo entrati in una casa “speciale” della nostra parrocchia: quella che accoglie le famiglie e i bambini che seguono cure terapeutiche particolari in ospedale e chiedono ospitalità. Un momento sicuramente molto forte in cui è emerso come la fede e il legame di amicizia tra le persone ridimensiona la solitudine e la paura che la sofferenza di bambini così piccoli è capace di far esplodere. E, se di casa stiamo parlando, non posso non ricordare Marja, Halina, Andriana, Dimi e Nazar, che proprio domenica ci hanno salutato imbarcandosi per tornare in Ucraina per stare vicini ai propri famigliari rimasti in guerra. Ma la casa non rimarrà vuota: già in questi giorni abbiamo ricevuto l’indicazione della Caritas diocesana per poter ospitare altre famiglie ucraine accolte nella nostra Isola e scappate dalla guerra. E “finalmente” sarebbe l’espressione che, con tutto il cuore, vorrei a brevissimo dicessimo tutti insieme, per una guerra che sembra proprio non conoscere spiragli di fine! “Finalmente la pace!”.






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